Domenico Bennardi SINDACO

Fenomeno della “castomizzazione” dell’arte, dalla pittura all’arte multimediale.


21 Gennaio 2007 | Pubblicato da


Stiamo assistendo negli ultimi tempi al costituirsi di nuove comunità di fruitori e alla richiesta di nuove competenze nel quadro emergente della multimedialità.
Siamo di fronte ad un processo di riadattamento sensoriale e alfabetico, in cui lo spettatore è divenuto ormai un poliglotta, parla dunque più lingue mediatiche, dovendo adattarsi ai processi di ibridazione e convergenza che coinvolgono gli apparati dell’industria culturale.
È proprio nel passaggio dalle Esposizioni Universali alla nascita del cinema che si riscontra uno dei fenomeni che riconduce lo spettacolo a consumo di immagini in luoghi che favoriscano la cerimonialità collettiva.
Il processo di consumo delle immagini, che inizia con la pittura e che trova nel cinema il suo erede, è oggi al suo punto di evoluzione terminale.
Dal Trompe l’oeil barocco, alla trasfigurazione dello sguardo in Duchamp, alle sale cinematografiche sempre più spettacolari, assistiamo ad un processo di trasformazione irreversibile del consumo delle immagini.
Le avanguardie artistiche sono riuscite a trasformare lo spettatore in un soggetto contemplante “attivo” che crea intersezioni e dona senso.
È fondamentale riconoscere un ruolo attivo al pubblico, nelle dinamiche di fruizione e consumo dei prodotti culturali.
“Arte non è più mostrare delle competenze artistiche ma operare a livello di puro intelletto” diceva Duchamp, spostando l’enfasi sui meccanismi di ricezione, e dunque sul fruitore.
Il pubblico è la struttura portante dell’opera estetica, la sua partecipazione è essenziale per completare il ciclo del testo.
Il consumatore sui generis, che vive in questa società in cui la perdita di identità coincide con le pratiche di artificializzazione del corpo, non ha più scelte prevedibili. Così come il dadaismo non creava oggetti d’arte ma mirava a corrodere l’identità di chi guarda, il postmoderno ci offre un “orientamento rizomatico al consumo”.
Se di fronte ad un quadro è richiesta un sorta di cooperazione interpretativa con quelle che erano le intenzioni dell’autore, al cinema emerge oggi una nuova collettività di fruitori capace di ristrutturare l’offerta fornendone un uso non necessariamente previsto dall’autore del film.
Ed ecco l’emancipazione del consumatore a creatore, il Prosumer di Toffler dunque, l’unione cioè di Producer e Consumer.
Territorialità di queste esperienze di “consumo produttivo” sono i non-luoghi in cui si annidano i gruppi di auto produzione, esibendo forme di bricolage culturale. L’esperienza dell’artista si fa oggi sempre più autoreferenziale (bohemien, dandy, bricoleur).
È il poter d’intervento sul testo a rendere possibile l’identificaione tra spettatore e autore: dal Do it your self duchampiano, alla smarginalizzazione dello schermo nella realtà virtuale, dall’invenzione del telecomando al moltiplicarsi delle opzioni nella sale cinematografiche dei Multiplex, dalla possibilità di essere co-autore dei programmi televisivi interattivi alla personalizzazione delle interfacce grafiche dei new media.
La strategia d’avanguardia del collage è riemersa nell’opzione “taglia e incolla”, e trova nella possibilità di costruzione di un palinsesto personalizzato ampie possibilità di superare la referenzialità dell’analogico e la passività della sola ricezione.
L’utente dei new media, lo spettatore cinematografico e il visitatore di un museo diventano dunque moderni “flaneur” baudeleriani, viaggiatori insaziabili e senza meta che personalizzano la fruizione.
Alle possibilità di consumo contemplativo si contrappone il consumo produttivo: una modalità di consumo che trasforma lo spettatore in uno “spett-attore”.
La visione fratturata, ischemica è frutto oggi della dose massiva di interruzione pubblicitaria e dell’uso indiscriminato del telecomando.
Lo spettatore-bricoleur si trova ad dover mettere insieme un tutto armonico con materiale di scarto, e attraverso il telecomando apre vie inusitate a collage unici e irripetibili.
I new media sovrappongono dunque produttori e consumatori. Pensiamo ai videogiochi dove l’utente personalizzando i vari aspetti del gioco, ne diviene il programmatore.
È grazie a dispositivi come l’affresco pittorico, le Esposizioni Universali, i manifesti pubblicitari, le vetrine dei negozi e il cinema che l’individuo viene educato ad essere spettatore.
Il transito da un pubblico di massa al crearsi progressivo di un pubblico attivo che interagisce e ristruttura l’offerta ci ha condotto inevitabilmente all’affermazione di pratiche di consumo personalizzato, dove il fruitore non è più solo attivo ma creativo.


Categoria:

Questo articolo è stato scritto da Domenico Bennardi